E così siamo arrivate al trentatreesimo quattro ottobre senza di te.
Non è il solito quattro ottobre però: ci sono troppe cose che non quadrano.
Già, perché questo 2020 e il suo Coronavirus hanno quasi dell’incredibile, a voler ascoltare le sensazioni e le emozioni che hanno suscitato in me e nelle altre persone.
Durante il lockdown totale mi sentivo più leggera di come mi sento ora, te lo assicuro. Lo vivevo come provvisorio, minuto per minuto, lento e frenetico ad un tempo: sospensione del lavoro, laurea della figlia, figlio che rientra a casa, didattica online del ragazzaccio di casa, riunioni online (tante!), amministrazione comunale assente, telefonate, telefonate, telefonate… Ecco, vedi, forse chi si è staccato poco dal quotidiano è stato Paolo, a parte le due settimane in cui ha continuato a lavorare. La mia normalità, non ridere, si è preservata nella comfort zone di sempre: i libri. Ho letto e riletto molti testi, nuovi e non: ho persino recuperato la bellezza de Il barone rampante. Poi sono…
– Sei finita nel tuo rifugio preferito: la letteratura giapponese.
Indovinato! Kawabata, Akutagawa e soci sono un ottimo rifugio. Lo sono da almeno trentotto anni e non tradiscono mai.
Quell’isolamento provvisorio è durato troppo; per carità non minimizzo quello che è successo, quello che sta ancora succedendo. Ma dico questo perché, una volta ripresa la vita normale (distanziamento, mascherina, gel… normale?!) vivo le giornate a fasi alterne e mi capita ancora, a volte, di sentirmi estraniata, a disagio anche nel fare cose normalissime.
Se chiudo gli occhi, immagino nei tuoi una certa ironia, sento la tua risata: già, la tua concretezza contro il mio “essere per aria”.
Ma mi chiedo anche come avresti vissuto tu questo tempo.
Be’, il quattro ottobre 2020 se ne sta finendo. Ci ritroveremo in quello del 2021. Akutagawa mi aspetta!
Da Erica Fontana