Sedicesimo giorno di misure restrittive

Il parquet è immacolato, ci sono venature nel legno di rovere che neanche sapevo esistessero.

In generale, la casa brilla come non mai. Io e Filippo ci siamo divisi zone e compiti al sesto giorno di misure restrittive: lui il bagno, io la camera da letto, lui ha spolverato e risistemato i libri, io ho lavato le tende che adesso profumano di Gelsomino Scarlatto (niente più ammorbidente alla lavanda nel mio supermercato, finito tutto).

Anche Jacopo ha dato il suo contributo nelle pulizie domestiche: ha fatto una cernita dei peluche che ormai non usa più e li ha messi in un sacchettone dell’Ikea. Li darà ai negozi di giocattoli perché, ha detto, di sicuro quando riapriranno dopo il coronavirus saranno tutti vuoti. Però, ha sottolineato aggiustandosi gli occhiali (che ogni tanto gli pendono un po’ da un lato), i miei giocattoli i negozi poi li devono regalare, mica li devono vendere. Giusto, gli ho detto, ognuno farà la sua parte.

Jacopo ha otto anni e parla ogni giorno su Skype con Lorenzo, che è suo amico da quando si sono incontrati per la prima volta alla scuola materna di via Vecellio, sezione dei Blu.

Questa cosa di non poterlo vedere di persona, né di poter vedere Veronica, Amine, Clara e tutti gli altri suoi compagni di classe, lo mette talvolta di cattivo umore. Ieri sera (sedicesimo giorno di misure restrittive) era lì che rigirava gli ultimi rigatoni nel piatto, un gomito puntato sul tavolo e la mano a sorreggergli la testa. Fuori cominciava a fare buio e la forsizia che vedevo dalla finestra un po’ scoloriva. 

Qual è la prima cosa che farete quando sarà finito il coronavirus? Ha chiesto a me e a suo padre. Io voglio vedere Lorenzo. E Veronica, ha aggiunto.

Mmmm, aspetta che ci penso…. Mi sa che vado a farmi una bella corsa nel parco, ha risposto Filippo, che prima delle misure si stava allenando per la maratona di Venezia e ora ha preso a sognarla di notte e continua a scalciare nel sonno.

E tu mamma? Jacopo non alza lo sguardo dal suo piatto.

A me sono venute in mente troppe cose insieme. Vedere i miei genitori, il colore ai capelli, una spesa senza fare la coda, un aperitivo seduta ad un tavolino all’aperto in centro, tornare in ufficio, il libro che non sono riuscita a comprare da Galla prima che chiudesse, un regalo per il compleanno di mia madre, prenotare un volo per Petra o un treno per Rovigo, buttare mascherine e guanti, una camminata sull’altopiano, la pulizia dei denti, calzini per Jacopo (che li buca tutti), smettere di fumare, portare un mazzo di margherite gialle alla mia amica Monica in cimitero, finirla con le pulizie di casa.

Andrò al canile a prendere un cagnolino, ho detto invece. Come mi sia uscita questa cosa, non riesco a capirlo. Le misure mi stanno dando alla testa.

Filippo, che aveva cominciato a sparecchiare la tavola, si ferma e mi guarda incredulo.

Jacopo si alza di scatto, comincia a saltellare per la cucina, ha le guance rosse. Un cane? Ma sul serio? Gli occhiali gli scivolano un po’ giù.

Anna… dice Filippo, e si pizzica il mento con le dita come fa sempre quando è preoccupato.

Lo so, gli dico. Ma lo desiderava da così tanto.

Questo è il giorno più bello della mia vita, Jacopo quasi grida e mi si lancia addosso, mi stringe forte, poi fa lo stesso con suo padre. Vado a dirlo a Lorenzo, devo decidere il nome! E corre via.

Filippo tace, mi volta la schiena, comincia a riempire la lavastoviglie. Gli vado vicino, gli tolgo un filo di qualcosa dalla manica della camicia, gli passo le forchette, i bicchieri.

Non importa, penso, avrò tempo per convincerlo. Le misure mica finiscono domani.

Foto di Aliaksei Lepik dal sito unsplash.com
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