Smart Working

Maria Elena spalanca le finestre della cameretta dei bambini, lascia entrare l’aria tiepida di aprile. Da quando è cominciato l’isolamento ripete questo gesto con ritualità quasi ossessiva. Le sembra aiuti a far defluire la pesantezza dei giorni asfittici, rigenerando i polmoni di casa con la brezza pulita del mattino. Raccoglie da terra i calzini appallottolati di Gabriele, srotola sul davanzale il tappeto dopo averlo liberato dai giochi di Edoardo, raddrizza il pigiama di Giada, quello verde Shrek. Giada lo chiama così, ha un’autentica adorazione per l’orco verde dei cartoni animati. Alla sera ultimamente non c’è verso di guardare altro in TV. La piccola dittatrice, come la chiama Oscar, ha finito per imporre l’intera serie a tutta la famiglia. Così in casa Ferraresi i giorni di isolamento adesso si contano in Shrek 1, Shrek 2, Shrek 3… e si attende la draghessa Giada che venga a liberare tutti dalla torre del castello in cui sono reclusi.

Ripassa mentalmente la lista delle cose da fare mentre sprimaccia i cuscini, rivolta le coperte leggere.

Un mese fa la direttrice dell’azienda le ha affidato un incarico importante. Ci tiene tanto Maria Elena, al suo lavoro. Non è stato facile conquistare la fiducia delle colleghe e della direttrice, inserirsi in un nuovo ambiente, adattarsi a vivere in questa piccola città del Nordest, lei, abituata al respiro di Buenos Aires. Ma da cinque settimane non ce la fa più. Sta affogando. E la stessa cosa succede alle sue amiche. Tra un whatsapp e un “Ti richiamo dopo”, si raccontano degli impegni domestici improvvisamente decuplicati: cucina, pulizie, mariti a casa in smart working, bimbi da accudire. Ma nessuna di loro ha otto braccia o dieci gambe. E anche lei, Maria Elena, rimane sempre una, una soltanto, una che cerca di moltiplicarsi in cinque ma che niente, resta una. Ogni giorno si fa carico di compiti, pianti e tristezze, e alla fine raduna i pezzetti di sé sopravvissuti alla giornata prima di affrontare l’ultimo punto in fondo alla lista, il suo nuovo incarico. Ormai ha cominciato a lavorare di notte, quando il resto della famiglia dorme, marito compreso, e ogni sera riprende da dove aveva lasciato la notte prima. Quello è diventato l’unico momento davvero suo della giornata.

Intanto rassetta il letto di Giada, passa la mano sul lenzuolo di Edoardo per lisciare le grinze. La sorprende qualcosa di umido. Ripassa la mano, è proprio bagnato. Vede l’alone, com’è possibile, sono tre anni ormai che Edoardo ha solennemente riposto il suo vasino da notte azzurro sullo scaffale dei giochi dismessi, giù in cantina. Le si stringe il cuore, si sente in colpa: non è l’unica che sta affogando. L’aveva detto lei a Oscar: i bambini stanno soffrendo, piangono.

Di là in cucina Giada pasticcia con il caffellatte mentre guarda La Sabri su Youtube. Gabriele la stuzzica, si è svegliato con la luna di traverso stamattina, le saltella intorno. “Restate a casa! Restate a casa!”, le urla nelle orecchie con la voce grossa e la mano chiusa a pugno sulla bocca a mo’ di megafono, e poi: “Lasabrigheimer fa schifo!”.

Maria Elena va in bagno, ha il groppo in gola. Edoardo si volta verso di lei, lo spazzolino in bocca, un baffo bianco sotto il naso, l’espressione grave di chi è intento a un compito importante. “Se ti fa venire la tosse, vuol dire che il virus entra dalla bocca, mamma. Ma se io mi lavo bene i denti, il virus muore e non può più fare male.” Maria Elena trattiene le lacrime, si china verso di lui, col pollice gli toglie il baffo di dentifricio alla fragola. “Sicuro Edo, lavali bene, che questo virus prima poi sparisce.”

Poi si guarda allo specchio e le sembra di avere lo stesso colorito di Shrek. Invece dovrebbe somigliare a Wonder Woman, altroché.

Foto di Charles Deluvio dal sito unsplash.com
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