La telefonata era arrivata ai primi di febbraio.
“Mamma, possiamo venire a stare da te per un po’?” La voce di Marianna era un po’ affannata.
Gesù, avevo pensato, stavolta ha litigato di brutto con Alfredo, vorrà fermarsi da me coi ragazzi finché le cose non si chiariscono.
Invece non avevano litigato: era letteralmente andato a fuoco un pezzo della loro casa.
E così tutta la famiglia si era trasferita da me, armi e bagagli, Alfredo compreso. Perché la loro abitazione tornasse agibile, mi dissero, ci sarebbero voluti mesi.
Voglio molto bene ai miei figli, ai nipoti, a nuore e generi, ci vediamo spesso. Ma dopo tanti anni che vivo da sola, mi sono organizzata: amo la quiete della mia casa, le mie letture, i miei sudoku, ascoltare la radio; vado al cinema volentieri e mi piace viaggiare, quasi sempre da sola, anche viaggi avventurosi e scomodi e lontani e affascinanti. Viaggi più brevi con un nipote o due, ma non sono una nonna chioccia.
Comunque, ero più che disponibile ad aiutare mia figlia.
La casa è grande, io ne utilizzo solo una parte e non faccio lavori inutili. Marianna aveva trovato da ridire sulla polvere, sull’aria di chiuso, sul disordine, e aveva dato il via a pulizie forsennate. Io lasciavo fare.
Trovavo che i miei nipoti nella quotidianità fossero un po’ impegnativi. E rumorosi. E poi non mi andava di entrare nel merito delle discussioni tra Marianna e Alfredo, ognuno mi tirava dalla sua parte. Insomma, portavo pazienza, mica potevo lasciarli per strada o dir loro di andare in albergo. Come ho detto, voglio bene a tutti, ma contavo i giorni e cercavo di uscire spesso e di fare le mie passeggiate. C’era un bel programma al cinema del quartiere e avevo anche pensato di fare un salto a Firenze dalla mia amica Chiara.
Poi è arrivato il Coronavirus.
Fermi tutti, tutti chiusi in casa. Insomma, sappiamo quali sono le restrizioni imposte.
Sia Marianna che Alfredo possono lavorare da remoto e mi hanno spiegato cos’è lo smart working. Tra i ragazzi è tutto un Whatsapp, un Instagram e altre diavolerie.
A me gira la testa, trovo rifugio tra i fornelli e cucino, cucino fino allo sfinimento. Poi in venti minuti sparisce il risultato del lavoro di una mattina. Non che mi dispiaccia, è bello vedere che i miei piatti vengono apprezzati, ma sembra una fatica di Sisifo.
La mia casa, che ho sempre considerato un calmo rifugio, assomiglia alle retrovie di un campo di battaglia con varie postazioni. Non c’è un angolo di quiete. La sera, a letto, cerco di rilassarmi con una buona lettura, ma mi dolgono persino le ossa.
“Mamma” mi ha detto Marianna stamattina abbracciandomi “sei contenta che il Coronavirus sia capitato proprio adesso che dobbiamo stare da te? Cosa avresti fatto tutta sola, senza nemmeno poter uscire?”
