Prof. io mi sento confusa, in questi giorni non dormo di notte e al mattino non riesco a svegliarmi, per questo ieri non c’ero a lezione, mia mamma va via presto, mi aveva svegliata ma mi sono riaddormentata.
Non capisco più niente, quando potremo tornare a scuola? Hanno detto che i ragazzi non si ammalano…
Me lo scrive in un commento privato. Là dove cerco – come posso – di catturare l’attenzione, di dire loro come sistemare gli errori o il perché di un voto, dove coccolo e striglio, dove consumo la vista e risparmio la voce.
Com’è cambiata la vita a scuola… Tutto è diventato al tempo stesso più lontano e più intimo.
E come faccio a dirle quanto durerà, cosa succederà? Rispondere con incertezza al dubbio, alla confusione, alle paure, non porta a nulla.
Devo infondere positività – mi dico – dare stimoli, spronare, invogliare.
È una parola…
Mi prodigo con frasi che le diano un po’ di speranza: non durerà certo all’infinito! Ad un certo punto ci sarà un picco e poi i contagi scenderanno, vedrai, piano piano si tornerà alla normalità. Forza, il nostro compito è di fare al meglio le nostre attività, cara B.
E poi, dopo qualche altra mail o richiesta più o meno disorientata da altre alunne (i ragazzi in genere non si confidano con me), decido di saltare un’ora di grammatica. Online è proprio difficile renderla un po’ più dinamica. Forse è bene parlare, spiegare, illustrare. Ascissa, ordinata, curve dei contagi. Le guardiamo insieme, ché a casa non tutti hanno genitori rassicuranti che danno spiegazioni. Anzi. Dove non si parlava prima, forse adesso i silenzi sono ancora più densi.
E poi – mi dico – se alcuni fanno così tanta fatica a capire certi testi del libro di antologia e non riconoscono causa ed effetto nelle narrazioni, facile che capiscano fischi per fiaschi quando guardano la tv e che gli allarmismi facciano loro davvero tanto male.
Eccoci allora: ragazzi e ragazze, scrivetemi nel documento allegato tutte le cose che vi lasciano dubbi, così insieme dipaniamo il gomitolo e poi proviamo a leggere insieme i grafici. Vediamo se con un’oretta possiamo fare un po’ di chiarezza e – mi dico – rendere un po’ meno incerta la vita di venti tredicenni arrabbiati o un po’ sottotono, che hanno una voglia matta di stare insieme e che invece sono costretti a stare a casa coi loro vecchi.
Un’impresa titanica.
E invece ha funzionato, almeno un po’: hanno scritto e parlato nei testi e in meet, una ragazza ha scritto che si sfoga con pianti inconsolabili e che poi sta un po’ meglio, che le mancano le compagne ma soprattutto i compagni – non pensavo sa? – un’altra che fa i pancake come se non ci fosse un domani. Un ragazzo ha detto che ha paura per i suoi nonni in casa di riposo, che ha voglia di vederli, un altro che i suoi sono tutti a casa e a lui non piace tanto fare lezione con loro che girano.
Me n’ero accorta, si vede dal cappuccio.
Lei, B., non ha parlato né scritto, ma ascoltava. Incrocio le dita e spero che qualcuno la rassicuri, oltre a me, perché io lo faccio a distanza e una prof è sempre una prof.
È ora di mettere in campo altre competenze, ragazzi: qui dovete tirare fuori le riserve di pazienza, accendere il gruppo di continuità (non sapete cos’è? Chiedetelo al prof di tecnologia), è ora di fare ginnastica in soggiorno per sfogarsi un po’, di dare una mano ai vostri genitori e badare alle sorelle e ai fratelli più piccoli.
E poi studiate, cavoli, siete qui per questo no? Dai, che quando potrete rivedervi sarà bellissimo e avrete imparato una cosa che vi servirà per sempre: sopportare e cercare soluzioni. Vedrete che un giorno mi darete ragione e guarderete a questo periodo senza rimpianti.
Non so se li ho convinti.
