INVISIBILI di Caroline Criado Perez

13 GIUGNO 2020

Uscito in Italia per Einaudi all’inizio di maggio, già vincitore del “Royal Society Science Books Prize” e del “Financial Times and McKinsey Business Book of the Year Award”, nominato libro dell’anno dal “The Times Current Affairs”, Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano. (pp. 460) affronta il tema dell’assenza di dati di genere nella società. Noi di Laboratorio Obiettivo 5 l’abbiamo letto e ora ve lo vorremmo raccontare.

di EMMA BERNARDI
per Laboratorio Obiettivo 5

IL «MASCHILE-OVE-NON-ALTRIMENTI-INDICATO»
Una grave assenza di dati, il cosiddetto gender data gap, fa sì che la progettazione e la realizzazione del mondo in cui viviamo si basino fondamentalmente sui bisogni, i pensieri, le percezioni degli uomini, dimenticando l’altro 50% della popolazione mondiale, quella femminile. Questa mancanza di dati, dunque di conoscenza, si estende in diversi ambiti: dal funzionamento del corpo delle donne, alla violenza di cui sono vittime, ai dati sul lavoro (retribuito e non).

Caroline Criado Perez, nata in Brasile, laureata a Oxford nel 2012, è una scrittrice, giornalista e attivista britannica. Tra le sue campagne per i diritti delle donne, l’inserimento di una figura storica femminile nelle banconote della Banca d’Inghilterra; l’introduzione su Twitter di un pulsante “segnala un abuso” nei tweet; e la prima statua di una donna – Millicent Fawcett – in Parliament Square a Londra. Criado Perez si è avvicinata alla causa femminista grazie agli studi sul linguaggio di genere, tema centrale del lavoro di Laboratorio Obiettivo 5.

Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano è il suo secondo libro. Il primo concetto che tratta è quello del maschile predefinito. In sintesi: l’uomo è l’essere umano per eccellenza, la donna una deviazione. Quest’idea impregna ogni aspetto del nostro vivere più di quanto possa sembrare, se non ci si riflette. Consiste nel pensare che ogni cosa sia maschile-ove-non-altrimenti-indicato. È presente nel linguaggio, nei ritrovamenti ossei, nei peluche per bambin*, persino nelle emoticons del cellulare, e non è un’idea priva di conseguenze, anzi. Induce a credere che i dati raccolti per gli uomini vadano bene per tutt*, ma non è così. «Gli uomini sono, permettetemi l’ovvietà, semplicemente uomini» scrive Criado Perez «e i dati raccolti su di loro non valgono – non possono e non devono valere – per le donne».

GLI EFFETTI DEL GENDER GAP
Ogni sezione di Invisibili osserva gli effetti del gender data gap in un diverso ambito. Dal contesto lavorativo (in Italia, il 61% del lavoro femminile è lavoro non retribuito, ma non ve n’è traccia nelle statistiche ufficiali), all’interpretazione dei dati storici (perché insegnare che l’Illuminismo fu un grande periodo per i diritti umani, quando all’espansione dei diritti dell’uomo corrispose una drastica limitazione dei diritti dell’altro 50% della popolazione?), fino alle ricerche in campo medico (le diagnosi funzionano meglio sugli uomini, dal momento che i parametri fissati si riferiscono al maschio adulto, bianco naturalmente. Lo stesso vale per le medicine, testate solo su uomini in fase sperimentale).

Come donna, mi capita di trovarmi in situazioni rispetto alle quali mi sento inadeguata. In Invisibili ho trovato una buona spiegazione a questo sentire: gli oggetti che le donne utilizzano, i luoghi in cui si muovono, non sono effettivamente costruiti per loro.

Si prendano per esempio gli smartphone. La dimensione dei telefoni cellulari è progettata affinché stiano in mano agli uomini. Per questo loro riescono a scrivere con una mano, ma le donne devono usarne due. E se può sembrare che le applicazioni per la salute e il benessere fisico costituiscano un aiuto pari per donne e uomini, Criado Perez ci ricorda che nel 2014 l’app della Apple in grado di tracciare «un quadro completo dei parametri di salute, […] registrava la pressione del sangue, il numero dei passi, il tasso alcolemico; persino le quantità di molibdeno e rame presenti nell’organismo». Si era dimenticata però di aggiungere una funzione del monitoraggio del ciclo mestruale. Non importa, comunque, visto che queste applicazioni funzionano solo se si tiene lo smartphone nella tasca dei pantaloni, posizione preferita dagli uomini, e non se rimane nella borsetta. Va bene, possiamo vivere senza l’applicazione che misura i passi. Dopotutto siamo il genere “anomalo”, perché dovremmo pretendere di accedere a tutti i servizi alla pari degli uomini?

Ma cosa dire quando si legge che la prima versione di Siri (l’assistente vocale nell’iPhone) era in grado di trovare prostitute, ma non di comprendere la frase “mi hanno violentata”? E se poi il gender data gap non riguardasse più solo un’applicazione per smartphone, ma gli utensili da lavoro (le misure standard da uomo sono causa di gran parte degli infortuni che riguardano le donne), l’equipaggiamento degli eserciti, o la sicurezza delle automobili?

Una considerazione che si può trovare all’interno di Invisibili, infatti, è che «le industrie costruttrici di automobili usano, nelle loro prove d’urto, manichini con caratteristiche simili a quelle di un maschio “medio”»; peccato che, come si legge altrove nel libro, i corpi delle donne siano diversi da quelli degli uomini, per cui la Toyota Sienna, nel 2011 premiata con quattro stelle in sicurezza, l’anno successivo risultò avere un punteggio di sole due stelle. Cos’era cambiato? Il manichino usato per la prova. Questi sono solo un paio dei numerosi casi presentati da Criado Perez, che spiegano chiaramente perché non si possa considerare valida l’affermazione “se va bene per i maschi, va bene per tutt*”.

METTERSI NEI PANNI DELLE ALTRE
In un passaggio molto bello del capitolo intitolato I diritti delle donne sono diritti umani, Criado Perez presenta una possibile spiegazione della prevalenza del pensiero maschile. Cita Molly Crockett, che afferma: «Credere che le nostre esperienze corrispondano a quelle dell’intera umanità è un tratto tipico della nostra psiche». Si tratta di un bias di proiezione, dunque, che rende difficile porsi domande e percepire bisogni che non ci riguardano direttamente. Il problema non è nel bias in sé, ma nel fatto che la grande maggioranza di chi si trova in posizioni decisionali, di potere e di autorità è un uomo, che tenderà a proiettare i propri bisogni e sensazioni sulle donne. Si tratta di un discorso davvero interessante. Ironicamente, tuttavia, all’interno del volume Molly Crockett viene definita «professore associato di psicologia sperimentale all’università di Oxford». Perché non «professoressa associata»? La scelta non è da attribuirsi a Criado Perez, naturalmente, ma alla traduttrice, poiché in inglese il genere grammaticale non emerge. D’altra parte, cercando su Google il nome di Molly Crockett, la prima definizione che appare è: neuroscienziato. Anche qui, il femminile è invisibile.

Invisibili sono i dati sulle molestie sessuali, perché mancano i canali adatti a denunciarle in modo sicuro, senza temere di non essere prese sul serio o giudicate isteriche. In tutti i bar troviamo il cartello “vietato fumare”, con l’ammontare della sanzione. Perché non è possibile appendere un bel cartello “vietato palpeggiare” davanti ad ogni sportello dove si aspetta in fila, accalcat*? In ogni metropolitana, in ogni bagno pubblico?

Perché non si progettano le fermate dei bus in luoghi illuminati e affollati? Venti metri, tra il buio e la luce, possono fare la differenza. Basterebbe raccogliere dati sulle ragioni per cui le donne preferiscono non prendere il bus di notte, e utilizzarli di conseguenza.

Invisibili sono i dati sul lavoro, soprattutto quando si tratta di lavoro di cura non retribuito. Nei tempi di crisi, fa notare Criado Perez, i primi tagli da parte dei governi gravano sul sociale. Quel lavoro non svanisce nel nulla, ricade sulle donne. «L’espressione “donna lavoratrice” è una tautologia. Non esiste una “donna non lavoratrice”: esiste tutt’al più una donna che non viene pagata per il suo lavoro», scrive ancora Criado Perez. Inoltre, aggiungiamo noi, quando mai si è sentito parlare di “uomini lavoratori?”. Invisibili sono i dati relativi al corpo delle donne. Invisibili sono le donne nella storia, non solo le singole donne, quelle che avrebbero potuto essere ricordate per i loro gesti e invece non si ricordano perché donne, ma le donne come insieme, tutte le donne: già, ci sono anche loro.

LA CITTÀ DELLE DONNE CHE LAVORANO
Criado Perez fa un ottimo lavoro sia nel raccogliere i dati – dove disponibili – che nella denuncia della loro assenza. Ma non si limita a decostruire. Si domanda invece quali siano le possibili soluzioni, documenta i casi in cui un’azione pensata bene è riuscita a migliorare le cose, come la costruzione della Frauen-Werk-Stadt I. Si tratta del primo di tre complessi abitativi costruiti a Vienna per venire incontro alle esigenze delle donne che lavorano (pagate e non) e comprende un asilo raggiungibile a piedi da bambin* piccol* in piena autonomia, abbondanza di spazi condivisi e vani scale circondati da pareti trasparenti, spazi pubblici illuminati e parcheggi raggiungibili dall’appartamento, per accrescere il senso di sicurezza delle donne. Un altro esempio positivo lo individua nell’utilizzo delle quote rosa e nel sistema “a cerniera”, quello per cui uomini e donne sono in posizione alternata nelle liste elettorali nei sistemi proporzionali. Secondo un’indagine della London School of Economics, «[il metodo delle quote rosa] migliora la competenza della classe dirigente nel suo complesso». Non si tratta, dunque, di rubare spazio agli uomini per regalarlo a una banda di donne incompetenti.

Il fatto è che, al di là delle conseguenze più gravi immediatamente percepibili, ce n’è una, in questa assenza di dati di genere, più subdola: rendendo gli utensili più difficili da maneggiare, le auto più scomode da guidare, i medicinali più difficili da smaltire dal corpo femminile, e insieme eliminando la presenza delle donne nella storia per la regola del maschile-dove-non-altrimenti-indicato, si forza una percezione delle donne di se stesse come inadeguate, incapaci, addirittura stupide. Quando in realtà sono gli uomini ad essere avvantaggiati anche nelle più piccole cose, perché si trovano in un mondo a misura loro.

Chiudiamo questa lunga (ma troppo breve) recensione con un piccolo aneddoto che, se deciderete di leggere Invisibili, troverete verso la conclusione. Criado Perez riporta un fatto raccontato dall’attrice e scrittrice Sandi Toksvig al The Guardian. Quando Sandi era una studentessa di antropologia, un giorno una docente le mostrò un osso di renna sul quale erano state incise ventotto tacche:

“A quanto ne sappiamo questo è – aveva detto la professoressa – il primo calendario mai creato da un uomo”. E davanti agli sguardi meravigliati degli studenti, aveva aggiunto: “Ditemi un po’: quale uomo, secondo voi, ha bisogno di sapere che sono passati ventotto giorni?” (p. 447)

*Le citazioni sono tratte dal testo: Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano, di Caroline Criado Perez, Ed. Einaudi – Stile Libero Extra.
Link al libro, sul sito Einaudi  https://bit.ly/30EqXjS

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