Medichesse. La vocazione femminile alla cura

MEDICHESSE. La vocazione femminile alla cura
Autrice Erika Maderna
Casa Editrice Aboca 2016 (2012). Pagine 140

Recensione di LUISA MENEGHEL per Laboratorio Obiettivo 5

Ho acquistato questo libro dopo aver partecipato casualmente alla sua presentazione presso una bella libreria della mia città. Non ci sono andata apposta, ero lì che curiosavo… Mi ha agganciata la parola cura, una parola che mi riporta alle madri che mi hanno cresciuta, negli affetti, nel lavoro, nel pensiero, nel corpo e nello sguardo sulle cose. Ho assistito perciò alla presentazione della stessa autrice, che mi ha affascinata per le diverse sfaccettature con cui ha trattato l’argomento.

Il titolo è già di per sé una eloquente presentazione: Medichesse, termine insolitamente declinato al femminile, introduce al cuore della questione che è la professione dell’arte medica e farmaceutica praticata da sempre dalle donne. Esse hanno condiviso con gli uomini questo ambito della scienza umana fin dalle origini, o sarebbe meglio dire che in molti casi la pratica femminile di queste discipline ha precorso e predeterminato le successive impostazioni e schematizzazioni imposte dalla visione maschile.

L’autrice: Erika Maderna

Erika Maderna è laureata in Etruscologia e Archeologia Italica presso l’Università di Pavia. Vive a Grosseto dove insegna e scrive saggi, traduzioni, articoli di archeologia classica. Ha approfondito il tema della cosmesi nelle civiltà mediterranee antiche.

Il contenuto

Il testo intreccia l’evoluzione del sapere medico e della pratica medica ed erboristica alla storia culturale delle donne. La sfera della cura è stata da sempre una fortezza in cui si è manifestata l’inclinazione delle donne alla sapienza, alla sperimentazione, all’indagine. Fortezza che da un lato ha garantito libertà e protezione, dall’altro isolato competenze e sensibilità femminili in un preciso settore della conoscenza.

Nell’antichità, il dominio degli elementi naturali era posto nelle mani della dea madre che personificava gli schemi ciclici, generativi e trasformativi che regolano la vita. Conosciuta con il nome di Potnia, questa divinità primordiale attraversò le antiche civiltà mediterranee diffondendo e ripartendo le sue caratteristiche nelle divinità femminili venerate dai diversi popoli. In tal modo è rimasta presente nonostante l’avvento di civiltà indoeuropee a carattere patriarcale e guerriero che finirono per sovvertire le forme preesistenti di potere femminile. Simbolo principe di queste divinità fu il serpente, che con l’aderenza alla profondità della terra, ma soprattutto con la muta stagionale della pelle, incarnava il principio di rigenerazione.


Il simbolo del serpente è tuttora presente nello stemma dell’ordine dei farmacisti a ricordare che il potere curativo è spesso intrecciato con gli effetti tossici delle sostanze minerali e vegetali usate nella farmacopea.

L’ autrice scorre la storia dall’antichità all’epoca moderna, tracciando un percorso che mostra come la conoscenza delle capacità curative propria delle donne sia stata repressa e resa clandestina nel tempo dal subentrare di una visione dotta maschile. Da divinità oracolare a maga, la donna che preparava rimedi e pozioni pronunciando e tramandando formule divenne strega e fu bruciata nei roghi dell’Inquisizione, ma trovò sempre un modo per proseguire e tramandare la sua vocazione attiva nella pratica medica, ostetrica ed erboristica.

Vengono presentate figure di donne dalla sensibilità e forza straordinarie che segnarono la storia della medicina attraverso la scrittura di trattati e la raccolta di rimedi che esse stesse sperimentavano nella cura dei/delle pazienti.

L’autrice ci fa conoscere anche istituzioni illuminate come la Scuola Medica di Salerno, aperta a uomini e donne, in cui, su ordine di Federico II, doveva studiare chi volesse praticare l’arte medica.

Un capitolo di interesse particolare è quello dedicato alle donne alchimiste. L’alchimia fu una disciplina assai complessa ed elitaria che offrì alla cultura femminile uno spazio aperto e riconosciuto. Prevaricata e infine sepolta dallo sviluppo della scienza in epoca moderna, essa rappresentò un ambito di indagine multidisciplinare di estrema rilevanza in altri momenti storici.

La ricerca di Maderna ha il pregio di proporre una visione della medicina che esce dagli schemi di esasperato razionalismo e di appropriazioni esclusive che dall’illuminismo in poi hanno spesso imbrigliato il pensiero sulla cura.

L’accento posto in modo marcato e ridondante su una sensibilità specificamente femminile, in cui intuito e spiritualità sono viste come qualità tipicamente (se non esclusivamente) femminili, mi sembra invece il punto di fragilità del libro, laddove si sostiene un’immagine stereotipata e vincolante degli attributi dei caratteri femminile e maschile.

A corredo

Il libro è un breve saggio di 136 pagine, bene impostato, scritto in modo accessibile, ma soprattutto corredato da ricette e rimedi elaborati dalle antiche medichesse in particolare ad uso delle donne, ma non solo. Inoltre, ad integrare le fonti storiche contenute nel testo, sono inserite immagini di opere d’arte: miniature medievali, antichi bassorilievi e opere pittoriche, insieme a tavole botaniche provenienti dalle principali raccolte europee e ritrovabili nelle riproduzioni del Museo Botanico Aboca, a Sansepolcro.

Una ricca bibliografia di carattere storico chiude infine il volume.

Luisa Meneghel insegna nella scuola Primaria. Ha collaborato al progetto Femminile plurale dell’associazione 8 marzo di Bassano del Grappa come docente per donne straniere. È laureata in Scienze della Formazione Primaria.

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