Caregiver Day 2021: F. Corradini e M. L. Raineri

14 maggio 2021
Francesca Corradini e Maria Luisa Raineri, Centro di Ricerca Relational Social Work – Università Cattolica del Sacro Cuore
L’impatto sociale del Covid 19 sulle strutture protette: ripensare i servizi per anziani e caregiver familiari
Relazione: https://www.youtube.com/watch?v=RFgNpZRGggU

preghiera laica

Siamo gli operatori e le operatrici delle strutture protette, siamo sottopagate e sottopagati come tutte le posizioni di cura, abbiamo le schiene rotte, siamo scassate dai pesi e dagli abbracci, non è possibile tirare su un corpo, girarlo, senza abbracciarlo – con la pandemia abbiamo fatto cose che non avevamo mai fatto – moriranno tutti, ci dicevano – da un giorno all’altro dischi rossi, arrocco, distanza – entrate e uscite, frecce dovunque gli occhi dei familiari sempre davanti

E tutte insieme e tutti insieme ci siamo aiutati

Confusione disorientamento paura, cambiamenti continui – contro la morte a mani nude – moriranno tutti, ci dicevano – sentirsi impotenti e inutili e in colpa – attacchi di panico, tachicardia, siamo bocconcini prelibati per il virus – angoscia, allerta, timore costante delle brutte notizie, i familiari tutti appesi al telefono, nemmeno l’ultimo saluto, segnati per sempre – protezioni, tamponi, sostituire gli assenti – quegli occhi nei letti, guardarsi alla finestra uno alla volta, solo mezz’ora, le voci registrate, le foto, ti voglio bene, ti penso, la mia amica Clara è riuscita a far avere a sua madre una bambola

E tutte insieme e tutti insieme ci siamo aiutati

Applicare i protocolli, riorganizzare gli spazi, adattarsi – abbiamo stretto i denti, siamo stati insieme, abbiamo guardato insieme, deciso e fatto insieme, con il cuore in mano, nessuna opzione a rischio zero – sfiniti, sgomenti, niente uguale a prima, chi si è ammalato si dispiaceva di non poter essere lì a lavorare

E tutte insieme e tutti insieme ci siamo aiutati

Prima: le strutture erano luoghi familiari intimi e aperti, normale era andare e venire, gli orari ultraflessibili, arrivava una figlia e portava la madre in piazza a bere il caffè, arrivava il nipote con la chitarra e si sedeva sul letto a suonare. Dopo: è successo quanto di peggio potesse accadere, se non muoiono di covid muoiono di isolamento, rifiutano il cibo, non bevono più, i familiari al di là del vetro a cercare con gli occhi, coi telefoni in mano, non capisco cosa sta succedendo la frase che sentivamo di più. E siamo diventati meccanici dell’accudimento, impossibile fare atti di cura amorevoli se non con le voci, per fortuna ci sono i telefoni, i tablet, messaggi, appuntamenti, ci sentiamo alle tre alle sette alle dieci. Abbiamo imparato un sacco di cose, ci siamo inventati di tutto, non sapevamo di poterlo fare e lo abbiamo fatto, al cancello, al parcheggio, al gazebo, veglie funebri alle finestre. Questo è accaduto e questo ci resterà dentro. Questo e quegli occhi nei letti e le mani dei familiari sui vetri delle finestre, le labbra che dicono grazie

E tutte insieme e tutti insieme ci siamo aiutati

Esercitazione di cittadinanza attiva:
metti in ordine di importanza le cose da pensare e da fare per il futuro

  • Elaborare il lutto, un’intera popolazione è stata coinvolta
  • Mettere a sistema le buone prassi
  • La coesione tra il personale è necessarissima
  • Importanza del lavorare insieme, condividere le responsabilità
  • Preservare gli spazi di cura
  • Prossimità e continuità
  • Comunicare bene a tutti i livelli
  • Le strutture non sono adatte ai nuovi bisogni: potenziare nuovi modelli che si adattino alla popolazione longeva e ricordiamoci dei caregiver
  • No al fordismo dell’assistenza, no alle persone spostate da un servizio all’altro mentre vanno verso la fine della propria esistenza
  • Le operatrici e gli operatori sono usciti dalle posizioni marginali e hanno messo in luce una professionalità sociale non ancora esplorata
  • Senza riconoscimento non c’è ruolo e senza ruolo non c’è responsabilità
  • Tutto il valore aggiunto dato dai caregiver è costruzione di benessere
  • I caregiver vanno presi in carico, bisogna osservare i loro bisogni e farne dei soggetti, dobbiamo pensare ai/alle caregiver che frequentano le strutture protette
  • Coscienza e costruzione di cultura della cura
  • No alla visione romantica della domiciliarità, non è un’alternativa che possa coprire tutte le esigenze
  • Il PNRR ha rigidità notevoli
  • Non è vero che i soldi non ci sono, ci sono e sono usati male
  • La residenza protetta deve essere più “casa” possibile
  • Prima della non autosufficienza c’è la fragilità
  • I caregiver non sono muli
  • Le cose non tornano come prima

A cura di Silvana Savio
Silvana Savio è nata a Thiene il 4 /10/1962, vive a Vicenza. Laureata in filosofia, fa l’insegnante in un istituto professionale.

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